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Africa By Abel Wakaam -  www.RossoScarlatto.com
Safari Kenya e Tanzania
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Parchi Kenya

.: Aeroporto di Mombasa - Parco Nazionale Tsavo Est :.

Partenza: Aeroporto Mombasa destinazione Bachuma Gate - 94 km
Transito: Da Bachuma Gate a Galdessa Camp - 91 km
Lunghezza totale percorso: 185 km
Tempo totale di spostamento: 5 ore

Arrivo all'aeroporto di Mombasa con volo di linea alle ore 05.20 locali e, dopo il disbrigo delle formalità doganali nonché del controllo del passaporto, esco dall'aeroporto dove mi attende Allan, il mio autista, con la sua Toyota Land Cruiser cylinder size 4400 cc diesel. Sistemati alla meglio i bagagli nella parte posteriore del fuoristrada, partiamo verso nord, in direzione del Parco Nazionale dello Tsavo Est . In questo momento la mia mente è già oltre le strade disordinate di Mombasa, quasi a voler fuggire subito dalla città per immergermi nella natura selvaggia dell'Africa equatoriale.

Il primo paese che si incontra è Mazeras. Niente inutili soste perché la strada è ancora lunga e non voglio perdere tempo. Lo stesso vale per Mariakani, che scorre rapido dal finestrino lungo la strada trafficata e continuamo verso nord, oltrepassando velocemente anche Mackinnon Road.
Dopo avere percorso poco meno di un centinaio di km sulla strada principale che collega Mombasa con la capitale Nairobi, si arriva all'ingresso sud-occidentale del Parco Nazionale dello Tsavo Est: Bachuma Gate .

Risolto il pagamento del ticket di ingresso, il fuoristrada viene sistemato in assetto safari con il tetto aperto per consentire l'avvistamento degli animali e per permettermi di fotografare in completa libertà i grandi spazi che si aprono davanti ai miei occhi. Acquisto un cappello a falde larghe per una decina di Euro e si riparte. Ora il profumo dell'Africa mi riempie le narici. E' un odore selvatico, di resina e fronde... e l'orizzonte riempie il cuore e la mente, senza lasciarmi nemmeno il tempo di capire.

E' questa l'Africa dunque? E' questa la prima terra che l'uomo ha potuto ammirare, retto sulle sue sole gambe? Questa terra rossa che si estende verso l'infinito in un susseguirsi di alberi e arbusti, dove la vita che si nasconde è la stessa di allora, forte e palpitante d'instinti primordiali.

L'intero tragitto da Bachuma Gate al Galdessa Camp è destinato al safari fotografico dello Tsavo Est . L'arrivo al campo è previsto in tarda mattinata ma, prima di arrivarci, ci sono ancora mille tracce da seguire e mille occhi da incrociare.

La prima meta si chiama Aruba Lake, ma non fatevi ingannare dal nome, in realtà è poco più di una pozza ormai asiutta, eppure ogni zona umida di questa terra desolata è fonte primaria di vita. E allora gli scatti si susseguono rapidi, giraffe, zebre, struzzi, impala e gazzelle di ogni tipo, tutte pregne di questo rosso diffuso che colora ogni cosa in contrasto netto col cielo scuro.

E' qui che incontro per la prima volta gli elefanti rossi dello Tsavo Est e ne resto subito affascinato. Ho bramato questo incontro per mesi e finalmente realizzo questo sogno. Eccoli... si muovono maestosamente tra le acacie della savana, giocano con la polvere, mi sfidano, forti della loro imponente mole. I piccoli son tenuti in mezzo al branco, abbracciati dalle proboscidi delle enormi femmine che li sfiorano... li accarezzano con una dolcezza infinita. Mi guardano, sì mi guardano, o forse semplicemente mi annusano, scuotono il possente capo, allargano le grandi orecchie triangolari e uno sbuffo di polvere rossa si alza leggera nell'aria.

Mi guardano, sì mi guardano, o forse semplicemente mi annusano, scuotono il possente capo, allargano le grandi orecchie triangolari e uno sbuffo di polvere rossa si alza leggera nell'aria. Ora però il viaggio deve continuare, un ultimo sguardo e mi allontano.

Una volta raggiunto il Galdessa Camp , effettuo il check-in e mi sistemo in tenda, giusto in tempo per il pranzo nella struttura centrale, godendomi la splendida vista del fiume Galana. Alle mie spalle, sullo sfondo, lo Yatta Plateau, che con i suoi 190 km di lunghezza rappresenta la più grande superficie lavica del mondo ed è stato creato dall'attività del vulcano Ol Doinyo Sabuk.

Il pranzo è semplice, frugale, servito sul grande tavolo di legno che troneggia nella sala da pranzo. Un elefante attraversa il campo, prendo la macchina fotografica e cerco di avvicinarmi, provocando subito una sua reazione. Ecco... bisogna subito imparare che qui non siamo in un parco faunistico e gli animali non amano essere avvicinati dagli uomini. L'enorme bestia si ferma col capo contro il tetto in makuti, io mi ritraggo e faccio tesoro della prima lezione appresa in terra d'Africa.

Nel primo pomeriggio, dopo un breve relax, mi rimetto in jeep per continuare il safari fotografico nel Parco. La prima tappa sono le Lugards Falls , con relativa passeggiata a piedi, sotto lo sguardo attento dei KWS Rangers, tra le rocce laviche e basaltiche formate dalle rapide del fiume Galana. E' il secondo corso d'acqua più lungo del Kenya dopo il Tana. Ha una lunghezza complessiva di 390 km e un bacino di 70.000 km². La parte alta del fiume viene chiamata Athi, mentre quella bassa, Galana o Sabaki.

L'Athi attraversa le pianure di Kapote e la città di Athi River, quindi svolta verso nord-est e si unisce al fiume Nairobi. Nei pressi di Thika forma il sistema delle Fourteen Falls ("quattordici cascate") e poi prende la direzione sud-sud-est ai piedi delle pareti dell'altopiano Yatta, che chiude il suo bacino a est. Escludendo i numerosi piccoli affluenti nella parte alta del fiume, il principale tributario è lo Tsavo, che lo raggiunge a est del Kilimanjaro. In questa parte del suo corso, il fiume attraversa interamente il Parco Nazionale dello Tsavo Est.

E' qui che mi rendo davvero conto di cosa sia l'Africa. In questo ribollio di acqua marrone che scivola turbinosamente tra le rocce e si incanala in uno stretto percorso interrato. Più indietro il fiume è vivo, maledettamente pericoloso, e tra le sue anse si nascondono coccodrilli, ippopotami e chissà quante altre fauci a caccia tra le rive. Ecco, qui mi ritrovo a contatto con la dura e affascinante realtà di un mondo in cui si corre per non essere sbranati e si insegue per sopravvivere.

L'ippopotamo, per quanto apparentemente buffo e bonario, costituisce un pericolo mortale. Questo enorme bestione del peso di tre tonnellate non è un pacifico erbivoro con cui giocare, ma la causa del maggior numero di vittime umane in Africa. Gli adulti hanno da 36 a 40 denti, i canini sono a crescita continua e possono raggiungere i 50 centimetri di lunghezza per 3 chilogrammi di peso. Aguzzi e taglienti, spuntano verso l'esterno come zanne, costituendo un'arma terribile. A causa della loro gigantesca mole e della forza sbalorditiva, gli ippopotami sono considerati come alcuni tra i più pericolosi animali della terra e, per la loro territorialità, sono addirittura più temibili dei leoni. I coccodrilli invece sono un vero pericolo solamente se ci si avvicina troppo alle acque torbide in cui vivono perché, pur essendo capaci di scatti estremamente rapidi, sulla terraferma non sono in grado di muoversi velocemente. Questi potenti animali comparvero circa 90 milioni di anni fa e da allora continuano a popolare la terra grazie alle loro caratteristiche, fisiche e comportamentali, che sono rimaste pressoché inalterate nel tempo, tanto da poterli considerare dei veri e propri fossili viventi.

Al tramonto l'appuntamento è in un punto rialzato dove ammirare la fine del giorno sul Galana River, gustando un aperitivo prima di cena. Ritorno al campo che è già buio. In tenda il Masai ha già riempito l'otre di acqua calda e l'ha sollevato sopra la doccia scavata nella pietra.

Mi spiegano che, dopo il calar del sole, non è consigliabile lasciare la tenda senza scorta perchè gli ippopotami escono dal fiume e vengono a brucare nel campo tendato. La sala da pranzo è situata ad una cinquantina di metri dalla mia tenda che è l'ultima della fila, quelle più appartata perché parte del Private Camp che dispone anche di una zona comune separata dagli altri ospiti.

Nonostante la mia avversione alle regole, aspetto l'arrivo del Masai che mi accompagna, ma nel frattempo la notte ha già steso il suo mantello stellato sopra ogni cosa. Si cena a lume di candela in un'atmosfera densa di emozione. Il fiume scorre lento ed il silenzio irreale è rotto solo dallo sciacquio degli ippopotami che si avvicinano a riva.

Ora la stanchezza del viaggio in aereo comincia a farsi sentire e la differenza di due ore col fuso orario italiano mi confonde un po'. Quando finalmente richiudo la cerniera della tenda alle mie spalle, mi rendo conto di essere davvero da solo. L'Africa è fuori, separata soltando da una flebile zanzariera, viva e pulsante di vita, pronta ad avvolgermi coi mille rumori della notte.

Alzo di colpo le coperte, allarmato da uno strano rigonfiamento al centro del letto, e mi ritrovo a sorridere davanti alla borsa dell'acqua calda. Non fa freddo, non fa caldo... tutto sembra perfetto, persino troppo perfetto rispetto a come l'avevo immaginato.

Per un attimo penso a quale animale si sta muovendo là fuori, sento che si trascina lungo la parete della tenda, percepisco i passi e degli strani versi. Che verso fa l'ippopotamo? A dir la verità è simile a un ruggito, mentre invece il suo ansimare sembra il suono di clakson. Non ha un nome specifico... anche se in inglese l'hippototamus snorting. Ecco spero che vada a parcheggiarsi da qualche altra parte perché io ho 24 ore di viaggio sulle spalle e 7 di jeep.

Dopo questa considerazione credo di essermi addormentato di botto, una specie di svenimento improvviso e i sogni... i sogni son fatti di fotogrammi colorati di rosso, verde e azzurro... aspettando che la luce del giorno risvegli ancora una volta questa terra d'Africa.

 

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Abel Wakaam

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